giovedì 2 gennaio 2014

Oltre il particolare, la nuova frontiera delle liste civiche. Le reti civiche




La lista civica raramente rappresenta il trionfo del particulare, come spesso si cerca di far credere. A questo ci pensano i residui militanti dei grandi partiti. Quando una lista funziona e mantiene i suoi caratteri di permeabilità, di apertura e di laicità, rappresenta davvero la nuova frontiera della partecipazione.




In questi decenni di politica deludente -  a volte perfino capace di rivelare tutta la sua tossicità nel compromettere ulteriormente un corpo sociale già fragile e malato di suo – la proliferazione delle liste civiche ha rappresentato, nelle accezioni migliori, il tentativo della società “fuori” di dotarsi di strumenti di partecipazione e promozione alternativi a quelli partitici che andavano marcendo sotto i nostri occhi.
Naturalmente la lista civica è sempre espressione di una realtà locale, più o meno radicata, al di fuori della quale la lista stessa perde di significato; superate la cinte daziarie del comune o del quartiere, tornano le appartenenze e le simpatie politiche per i movimenti e i partiti “nazionali”. La lista cementa tante identità per realizzane una nuova, ma solo nell’ambito locale: oltre, tutto come prima, tutto uguale a prima. Così le liste civiche contengono al loro interno la miccia che, prima o poi, potrebbe portarle a scoppiare.

Fino a poco fa  questo accadeva non appena si presentava all’orizzonte una elezione “politica” che costringeva i membri della lista a schierarsi. Ciascuno andava per la sua strada, magari dopo aver provato a lungo a convincere gli altri della bontà della propria scelta, con il carico di tensioni e di rancori che inevitabilmente si erano accesi in occasione dell’evento. Oggi accade meno perché le liste civiche sono divenute più omogenee sul piano culturale e ideale, ma soprattutto perché il distacco dalla grande politica ha prodotto anche un allontanamento affettivo e culturale dai grandi partiti/movimenti ancora presenti sulla piazza. Che gli aderenti a una lista civica oggi  votino per l’uno o per l’altro partito non scandalizza nessuno e non è quasi mai motivo di tensioni interne. Questo processo è certamente agevolato dalle liste bloccate, dove la società che trova sbocco locale nelle liste civiche non c’è proprio, perché ogni partito candida i suoi militanti, i suoi fedeli e qualche personaggio a forte valenza mediatica.
Quando, poi, la lista civica assume funzioni di governo – in quanto vincitrice delle elezioni “in proprio” o perché parte di coalizioni che ottengono successo – il tema dell’isolamentodiventa dirimente: i partiti non fanno più niente dal punto di vista dell’interpretazione della società, ma sono ancora abbastanza efficienti nel coordinare gli eletti e nello sviluppare azioni di lobbismo per aiutare gli amministratori locali ad ottenere finanziamenti, a facilitare l’iter di pratiche complesse, a vincere concorsi, a ottenere finanziamenti per infrastrutture… Gli amministratori locali “senza partito” fanno sempre più fatica degli altri a rapportarsi agli enti superiori (Provincia, Regione, Ministeri), non avendo appoggi diretti e non avendo altri canali di approccio oltre a quelli istituzionali, notoriamente poco efficienti.
D’altra parte, in questo paese di raccomandazioni e pratiche mafiose, la libertà costa cara. Tuttavia la frustrazione che si prova nell’osservare come si sviluppa l’attività di governo (quella che si vede poco, ma che produce i risultati più vistosi e duraturi), induce parecchi amministratori “civici” a chiedersi se non sia meglio intrupparsi in un partito e semplificare così l’iter di molte delle questioni che possono tornare utili ai paesi che governano. In fondo l’obiettivo è portare benessere alla comunità…
Se avessimo il tempo di girare per l’Italia scopriremmo che tanti tengono duro, che rifiutano questi costumi consolidati (ben sintetizzati negli emendamenti-marchetta delle leggi e leggine finanziarie), che assistono al marcire dei partiti con l’allarme di chi continua a reputarli uno strumento fondamentale per la democrazia, ma anche con il cuore leggero di chi sta provando sul serio a costruire modelli di partecipazione e di cittadinanza attiva più aderenti ai tempi e alle condizioni che proprio la degenerazione dei partiti ha provocato.
La lista civica raramente rappresenta il trionfo del particulare, come spesso si cerca di far credere. A questo ci pensano i residui militanti dei grandi partiti (spesso consiglieri comunali gonfi di voti di preferenza) che si sono rifugiati nel clientelismo spicciolo più per ignoranza che per scelta. Quando una lista funziona e mantiene i suoi caratteri di permeabilità, di apertura e di laicità, rappresenta davvero la nuova frontiera della partecipazione.
Consapevoli del loro ruolo e della loro importanza, le liste civiche si sono a lungo interrogate su come raccordarsi fra loro senza diventare partiti e partitini, con le stesse regole e le stesse miserie. Una soluzione a cui parecchie esperienze locali stanno arrivando – dopo interminabili tentativi e infinite discussioni – è quella della rete: liste e gruppi che mettono in comune il bello che fanno nelle loro realtà locali, che scambiano esperienze opinioni e informazioni in un’ottica di cooperazione orizzontale. Non c’è struttura politica, c’è un coordinamento che ha lo scopo di far funzionare la rete, di ampliarla, di collegarla ad altre e di contribuire alla maturazione di esperienze, persone e gruppi. Quelli che servono oggi a rendere meno truce la politica locale e domani quella nazionale. In che modo? Lo sperimenteremo insieme, se vorremo.
Intanto CIVICA Piemonte ci sta provando – fra fasi alterne – dal 2007. In Lombardia è recentemente nata la RETE DEL CIVISMO LOMBARDO e in giro per l’Italia altre reti e aggregazioni stanno nascendo. Se son rose fioriranno, ma bisogna concimarle, annaffiarle e curarle bene, sennò non crescono e tanto meno fioriscono…
2 gennaio 2014
Mariano Turigliatto

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